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Terra dei Fuochi, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo condanna lo Stato italiano

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha condannato l'Italia per la prolungata inazione in relazione allo smaltimento illegale di rifiuti nella Terra dei Fuochi, in Campania.

Terra dei Fuochi, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo condanna lo Stato italiano

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha pronunciato una sentenza storica che condanna l'Italia per la gestione della crisi ambientale nella Terra dei Fuochi, l'area tra le province di Napoli e Caserta tristemente nota per lo smaltimento illegale e la combustione di rifiuti tossici. La decisione arriva dopo anni di inazione da parte delle autorità italiane, riconoscendo la violazione dell'Articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.

Un disastro ambientale noto da decenni

La sentenza nasce dal caso "Cannavacciuolo e altri contro Italia", che ha messo sotto accusa l'incapacità dello Stato di affrontare in modo efficace l'emergenza ambientale. Il fenomeno della gestione illecita dei rifiuti in Campania è noto da oltre trent'anni: già nel 1988 erano emersi i primi segnali di un traffico illegale su larga scala, con rifiuti pericolosi provenienti da tutta Italia e gestiti in gran parte dalla criminalità organizzata. I rifiuti venivano interrati nelle campagne, sversati nei fiumi o bruciati all'aperto, con conseguenze devastanti per l'ambiente e la salute pubblica. In alcuni casi, i rifiuti venivano mischiati ad altri materiali per l'edilizia o al compost, con conseguenze tragiche per le falde acquifere. Si segnalano anche "montagne di pneumatici" bruciati a Marcianise e Castelvolturno,

Le indagini hanno accertato livelli allarmanti di contaminazione: in alcune aree sono state rilevate concentrazioni eccezionali di diossina e metalli pesanti. I terreni agricoli, spesso usati per nascondere i rifiuti tossici, hanno subito un inquinamento tale da compromettere la salubrità dei prodotti coltivati. A questo si aggiungono le nubi tossiche generate dalla combustione dei rifiuti, che hanno avvolto intere comunità e contribuito all'aumento dei casi di tumore e malattie respiratorie tra i residenti.

L'inerzia dello Stato e la condanna della Corte

Nonostante la gravità della situazione, la Corte ha evidenziato come lo Stato italiano abbia mancato di adottare misure adeguate per contrastare il fenomeno. Le bonifiche sono state lente e inefficaci, le iniziative frammentarie e prive di un coordinamento efficace. Inoltre, le autorità non hanno informato adeguatamente i cittadini sui rischi per la salute e sulle misure adottate, rendendo la popolazione ancora più vulnerabile.

La Corte ha dunque stabilito che l'Italia ha violato il diritto alla vita dei cittadini della Terra dei Fuochi, riconoscendo l'esistenza di un rischio concreto e imminente per la salute pubblica. Ha inoltre ordinato allo Stato di mettere in atto una strategia completa per affrontare l'emergenza, istituendo un sistema di monitoraggio indipendente e una piattaforma pubblica per garantire la trasparenza delle informazioni.

Le conseguenze della sentenza

L'Italia ha ora due anni di tempo per attuare le misure imposte dalla Corte. Nel frattempo, altre 36 cause simili, coinvolgendo circa 4.700 cittadini, sono state sospese in attesa di verificare l'efficacia delle azioni intraprese dal governo. La decisione della Corte rappresenta un precedente giuridico importante, che potrebbe spingere le istituzioni a intervenire con maggiore determinazione per risanare il territorio e tutelare la salute dei cittadini.

La sentenza arriva come un segnale forte e inequivocabile: la gestione della Terra dei Fuochi non può più essere rimandata. I cittadini chiedono giustizia e azioni concrete per fermare un disastro ambientale che ha già causato troppe vittime. Sarà ora compito dello Stato dimostrare di aver imparato la lezione, adottando misure efficaci per restituire a questa terra la dignità e la sicurezza che merita.

 Foto da Pixabay


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