Pfas, il Veneto chiede limiti nazionali
La Regione Veneto chiede di fissare un limite nazionale di performance per la presenza di sostanze perfluoro alchiliche nella acque.
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I PFAS, sostanze perfluoro alchiliche, sono composti che, a partire dagli anni cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa.
Come conseguenza dell’estensiva produzione e uso dei PFAS e delle loro caratteristiche chimiche questi composti sono stati rilevati in concentrazioni significative nell’ambiente e negli organismi viventi.
Nel 2006 l’Unione Europea ha introdotto restrizioni all’uso del PFOS, una delle molecole più diffuse tra i PFAS, da applicarsi a cura degli Stati membri. Per le acque potabili non sono ancora definiti e non esistono limiti di concentrazione nella normativa nazionale ed europea; la Regione del Veneto ha recepito le indicazioni del Ministero della Salute sui livelli di performance da raggiungere nelle aree interessate da inquinamento da composti fluorurati.
"L’inquinamento da sostanze perfluoro alchiliche (Pfas, Pfos, Pfoa, Pfbs, PFpeA, PFHxA) salite alla cronaca come Pfas, è stato rilevato da tempo in più parti d’Italia come dimostrano le tabelle prodotte nella ricerca del Cnr, che evidenziò il problema, e le note del Ministero dell’Ambiente del 18 maggio 2017, nella quale si indica a tutte le Regioni di attivare Piani di Monitoraggio, e del 23 agosto successivo, nella quale il Ministero sollecita le Regioni a farlo. Per contro ieri il Ministero della Salute ci dice ufficialmente, con nota del Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria, che il problema di fatto esiste solo in Veneto e che non si ritiene di fissare limiti di performance nazionali. La vistosa discrasia di valutazione che emerge tra i due Dicasteri è quanto meno preoccupante”. Con queste parole, l’Assessore all’Ambiente della Regione Veneto torna sulla questione dell’inquinamento da Pfas, che ha colpito una vasta area del Veneto ma che, secondo le tabelle Cnr in possesso dell’Assessore e dei tecnici veneti, interessa vari territori italiani.
“Dallo studio Cnr – rivela l’Assessore – forme di inquinamento di questo tipo sono state rilevate in concentrazioni più alte nelle aree industriali del Bormida e nel Bacino del Lambro, oltre che, come arcinoto, in Veneto. Se l’impianto fluorochimico Trissino è la maggior sorgente individuata, un’altra sorgente significativa è l’area della concia di Santa Croce sull’Arno. Interessata è anche praticamente l’intera asta del Po, con la sorgente più significativa nel sottobacino Adda-Serio e con carichi da Torino a Ferrara. Per quanto riguarda i Pfoa, Trissino è in buona compagnia con l’area degli impianti chimici piemontesi di Spinetta Marengo”.
"Di fronte a questo quadro, e alle iniziative del Ministero dell’Ambiente – aggiunge il responsabile dell’Ambiente del Veneto – risulta sempre più incomprensibile l’atteggiamento del Dicastero della Salute, che non ritiene necessario fissare limiti nazionali".
"Il risultato a oggi – conclude l’Assessore – è che il solo Veneto si è mosso con celerità e ha speso in assoluta autonomia e solitudine, sia per la messa in sicurezza degli acquedotti e dell’ambiente, sia per la prevenzione sanitaria. Abbiamo pronti e li abbiamo inviati a Roma, i progetti per interventi strutturali sulle reti idriche che risolvano il problema alla radice. Quelli che non sono pronti sono gli 80 milioni promessi dal Governo e ripetutamente garantiti dai suoi sostenitori sul territorio. Roma ci tratta quasi come avessimo delle colpe, ma l'unica è quella di esserci immediatamente attivati, unici in Italia, per la salvaguardia dei nostri cittadini. Dobbiamo arrangiarci anche in questo caso? Ditelo chiaro”.
La risposta del Ministero dell'Ambiente in data 22 settembre:
"Credo non ci sia mai stato un impegno tanto serio e determinato sui PFAS quanto quello messo in campo dal ministero dell’Ambiente e più in generale dai governi Renzi e Gentiloni in questi anni. Oggi ci sono standard di qualità ambientale per le acque superficiali e sotterranee che includono per la prima volta anche i PFAS, c’è un grande lavoro tecnico e scientifico con gli esperti del Ministero a disposizione delle Regioni per l’individuazione delle migliori strategie a protezione dell’ambiente e della salute dei cittadini, ci sono soprattutto i fondi statali per le infrastrutture e l’approvvigionamento idrico di acqua non contaminata per la Regione Veneto. È proprio di pochi giorni fa il decreto che sblocca gli ulteriori 80 milioni promessi nell’ambito dei Fondi Sviluppo e Coesione, assieme agli altri 23 già disponibili”. Lo afferma il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
"Siamo l’unico Paese in Europa - spiega il ministro – che ha inserito i PFAS negli standard di qualità ambientale delle acque superficiali e sotterranee, imponendo un monitoraggio sul rispetto dei valori soglia anche oltre i confini veneti. Per il conseguimento di questi standard e alla luce delle pressioni che vengono esercitate sul proprio territorio, come dice inequivocabilmente il Codice ambientale all’articolo 101, la Regione nell’esercizio della sua autonomia può, tenendo conto degli scarichi massimi assimilabili, definire valori limite anche diversi. In sostanza – chiarisce il ministro - spetta alla Regione creare le condizioni di maggior tutela per il proprio territorio, conciliandole con le esigenze di sviluppo e armonizzandole alla legislazione europea e nazionale". "Per aiutarla in questo lavoro – aggiunge Galletti – il ministero coordina ormai da un anno un gruppo tecnico in cui i rappresentanti della Regione Veneto e ARPAV possono confrontarsi sulle migliori pratiche disponibili e sulle soluzioni con i rappresentanti del mondo scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità, di Ispra e di Irsa-Cnr oltre che con i nostri tecnici".
"Sul fronte delle risorse – prosegue Galletti – il ministero ha ripreso in mano l’accordo per il bacino del Fratta Gorzone: dei 90 milioni previsti da un lontano accordo del 2005 – trenta per parte da governo, Regione e gestori del servizio idrico – risultavano al 2015 spesi solo 7,9 milioni di fondi statali. Grazie a questa nuova intesa oggi, dopo una lunga ricerca sul territorio della composizione degli interessi, 23 milioni di risorse dello Stato sono nuovamente utilizzabili per il distretto conciario di cui circa 10 milioni di euro e per gli interventi di corretta gestione dei fanghi e 13 sulle fognature e depurazione in un’area molto complessa per la concentrazione di PFAS".
"Inoltre, grazie alla proposta del ministero – continua Galletti - sono stati inseriti tra gli obiettivi strategici anche quelli relativi alla rimozione dei PFAS nelle acque destinate a uso umano. Il quadro normativo aggiornato ha consentito al Ministero di poter sostenere la richiesta al governo di fondi aggiuntivi, riconosciuti nella misura di 80 milioni di euro e ufficialmente sbloccati l’11 settembre scorso".
"Ricordo infine – conclude il ministro – che per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti con sostanze chimiche che è disciplinata dal regolamento europeo REACH, l’Italia ha sostenuto in ogni sede la linea restrittiva dei composti PFAS: questa è stata approvata sulla più rilevante delle sostanze, il PFOA, presente in abbigliamento come nei prodotti alimentari. Ciò vuol dire – chiude Galletti - che entro tre anni prodotti e articoli contenenti limiti superiori a quelli indicati non potranno essere più in commercio".